RICORDI DI UNA CALDA DOMENICA DI METÀ SETTEMBRE
È tuttora limpido il ricordo di quella calda domenica di metà settembre, con un cielo blu brillante e un sole ancora sfolgorante, quasi ad illudermi che la stagione estiva fosse ancora nel pieno del suo corso.
A Savigno, paesino sui colli bolognesi a me ignoto fino a qualche mese prima, il clima era inaspettatamente gradevole, complice la presenza di una delicata brezza che scoprirò, per esperienza diretta, essere una fresca panacea nelle torride giornate estive savignesi.
Superata la piazza del paese, mi ritrovai finalmente dinanzi a quel tempio di tradizioni, cucina e personalità genuine di cui tanto avevo letto e sentito parlare: una classica trattoria dall’aspetto magnificamente autentico.
Varcata la piccola soglia d’ingresso laterale che conduceva direttamente al piano terra, alla vista della saletta principale venni immediatamente teletrasportato in un’epoca da me mai vissuta, un luogo d’altri tempi composto da colori sgargianti, una sontuosa macchina del caffè, tavolini e sedie” vintage” che chissà quanti ospiti avranno visto passare in tutti questi decenni…
Fui accompagnato al tavolino esterno lunga la viuzza ombrosa adiacente la trattoria, che nella stagione estiva accoglie gli ospiti alla ricerca di refrigerio.
È qui che è iniziato il vero divertimento. Una degustazione di piatti della tradizione emiliana dall’apparente semplicità ma che, una volta assaporati, mi fecero provare la vera gioia del mangiare, senza sofismi o cervellotiche interpretazioni.
Ad emergere era il gusto di materie prime eccellenti cucinate con rispetto e una tecnica impeccabile. Dalla delicatezza della battuta di bianca modenese con tartufo scorzone, fino al suadente sapore di una coscia di daino che diventerà il mio piatto “mai più senza”, per concludere con un gelato alla crema non solo “d’altri tempi”, ma di altre dimensioni di piacere.
La sorpresa più grande fu tuttavia il sentirmi domandare come stesse proseguendo il pranzo direttamente da lui, lo chef e patron Alberto Bettini in persona, visibilmente curioso e realmente interessato a conoscere la mia opinione al riguardo nonché quella di tutti i numerosi clienti presenti.
Quel “Benissimo!” che mi uscì come risposta affrettata, tradita dall’emozione nel trovarsi di fronte ad uno dei personaggi più rappresentativi della ristorazione moderna italiana, in realtà celava un turbinio di sensazioni difficilmente esprimibili a parole.
Fui talmente folgorato da quell’esperienza che, da quel giorno, continuo a praticare un pellegrinaggio continuo verso Amerigo che mi ha permesso nel tempo di vivere e fissare nella memoria un’interminabile sequenza di ricordi indelebili. Dall’inebriante profumo della distesa di tartufo bianco su passatelli e tagliatelle, all’immutato stupore dinanzi agli affreschi nella Sala Pellegrini contemplati dal mio affezionato tavolino (“il primo a sinistra”), al sorriso e all’ospitalità di Marina, Luca, Michele e tutto il personale in sala, fino alle golose coccole preparate e servitemi a colazione da Claudia, meravigliosa anima creatrice di dolci e lievitati.
Considerato che 90 e più anni, per Amerigo, non sembrano essere mai trascorsi per davvero, il mio tavolino in Sala Pellegrini potrà certamente continuare ad accogliermi ancora a lungo per farmi rivivere ogni volta il piacere di questi piccoli ma incredibili momenti di pura felicità.
Con lo stesso, immutato stupore di quella calda domenica di metà settembre.
